Interviste
2009
Hany Rashed e Mohamed Abla
Biografia vs. Storia dell'Arte
Hany Rashed (artista ospite a Villa Romana 2009) e Mohamed Abla a colloquio con Angelika Stepken.
Hany, vorrei cominciare questa intervista con una domanda sul tuo lavoro: come sei giunto a sviluppare una lingua figurativa che contiene alcuni elementi della cultura pop e altri della caricatura?
(HR) Lavorando con la tecnica della monostampa, il disegno e il formato ridotto accentuano l'aspetto caricaturale. In pittura e nei collage, invece, l'uso del colore, dei ritagli di giornale, ricorda piuttosto la Pop Art.
Mohamed, è in questi aspetti dell'opera che si rispecchia lo stile del maestro, il fatto che Hany ha studiato con te per dieci anni?
(MA) No, trarre ispirazione dal maestro non ha rappresentato un fattore essenziale neanche durante i suoi anni di studio. Noi pratichiamo una forma di apprendimento di tutt'altro genere. Gli ho insegnato a vedere, a osservare. Tra noi esistono delle affinità tra cui quella, forse, di interessarsi a molte cose insieme. Per sette anni Hany non ha mai lavorato sotto i miei occhi. Ci ritrovavamo per una settimana solo quando era necessario impiegare determinate tecniche. Hany deve sviluppare il proprio stile in maniera indipendente, non voglio influenzarlo...
Cosa intendi con la formula interessarsi a molte cose insieme? La vita sociale, il pubblico, la politica?
(HR) L'artista non è qualcuno che se ne sta a lavorare da solo nel suo studio, l'artista deve occuparsi della vita, della politica.
(MA) Gli ho insegnato a essere sempre aperto a nuove influenze, a non restare legato a uno stile, a un'unica idea, a una sola tecnica.
(HR) Sì, da Mohamed ho imparato a essere attivo, partecipe. L'arte ne è una componente. C'è una forma di paura nel restare aggrappati al successo. Spesso, quando ci si rende conto che aggrapparsi al successo era sbagliato, che ha impedito il nascere di cose diverse, è troppo tardi per cambiare.
(MA) A volte si ha paura di cominciare qualcosa di nuovo in ambito artistico perché non si è certi di farcela. Ma se si ha il coraggio di provarci, il mondo svela sempre nuove prospettive.
Torniamo alla Pop Art. Cosa significa per voi? Quanto è attuale questo capitolo della storia dell'arte?
(MA) Come forma di espressione, la Pop Art per noi non significa niente. È storia dell'arte, storia dell'arte americana. In fondo abbiamo avuto a che fare con l'arte americana solo negli ultimi vent'anni. Siamo stati influenzati maggiormente dall'arte europea, dalla Francia e dalla Germania. A volte, però, me ne vado in giro per Il Cairo e mostro a Hany le pubblicità per le strade o il modo in cui la gente decora la propria casa (abbiamo realizzato anche progetti comuni sui muri delle abitazioni). E questa è Pop Art. Pop Art significa osservare quello che la gente fa realmente. Come costruisce la propria vita, la propria arte. Pop Art è quello che fa la gente, non quello che fanno gli artisti. Loro si limitano a mettere insieme le cose. Pop Art è la quotidiana esperienza visiva della vita: movimento, colore, calligrafia, fotografia, pittura.
Qual è lo status dell'artista oggi in Egitto? Voi lavorate in contesti internazionali. Tu, Hany, hai collaborato spesso con Cathérine David.
(MA) Noi artisti cerchiamo di trovare la nostra strada. Non c'è una scuola egiziana contemporanea. Prendiamo parte allo sviluppo internazionale portandoci dietro l'esperienza dell'ambiente da cui veniamo. E così, come ogni professionista, dobbiamo discutere e concordare le nostre tecniche con i curatori delle mostre, i galleristi e così via. Il nostro sistema è lo stesso che esiste ovunque: gallerie, collezionisti, musei, in dimensioni ridotte, è vero, ma si tratta sempre del mercato dell'arte globale. Anche noi operiamo al suo interno, l'unica differenza è che ne siamo consapevoli e non vogliamo copiare. Approfittiamo dei progressi cercando allo stesso tempo di realizzare le nostre cose.
Parli sempre di noi. Intendi con questo l'iniziativa del Fayoum Art Centre nell'ambito del quale da tre anni organizzate workshop cooperando con artisti e partner europei?
(MA) Noi non significa solo io e Hany. Cerchiamo di arrivare agli altri, di creare qualcosa di nuovo che tuttavia è solo agli inizi. In Egitto non esiste una tradizione moderna significativa come in Europa. Ma ci sono sempre persone che vogliono dare qualcosa. Ed è così che nascono i movimenti artistici. Molti anni fa ho deciso di investire la metà dei miei guadagni in simili iniziative, per esempio nelle residenze per artisti, istituzioni che non vengono sostenute dallo stato, anzi, al contrario. Ma è una cosa che va fatta. Per quanto mi riguarda, sono ormai molti anni che ho l'opportunità di recarmi in Europa; ho insegnato in Svezia e alla Sommerakademie di Salisburgo e ho incontrato persone che mi hanno aiutato. Quando dico noi, intendo persone che condividono queste idee.
Hany, perché non hai voluto frequentare l'accademia d'arte statale? Mohamed, tu hai detto che accetti uno studente solo ogni dieci anni ...
(MA) Sì, è necessario dedicarsi interamente a un progetto. All'inizio ho detto a Hany che non gli avrei insegnato a fare arte, bensì a vivere. Aveva diciannove anni quando è arrivato da me.
(HR) Per me è stata una fortuna studiare con Mohamed Abla. Se avessi frequentato l'accademia, poi avrei dovuto penare molto per riuscire a superare quell'esperienza.
(MA) Non credo tanto alla storia dell'arte, quanto alla biografia dei singoli. Se organizzo workshop in Svezia o a Salisburgo, il tempo è sempre troppo breve per instaurare realmente un rapporto con le persone. Ognuno ha la propria storia. Ognuno ha il proprio destino. Ho pochi studenti e ne vado molto fiero. La vita è preziosa, non si può donarla a tutti. Viaggiamo e mangiamo insieme, condividiamo tutto. E so che il mio allievo deve essere migliore di me. Un'altra mia studentessa, Sabah Naim, tra l'altro anche lei qui, opera in una direzione del tutto diversa da Hany. Non le ho mai detto come si usa una macchina fotografica, le ho detto solo: fotografa quello che ha a che fare con te. E lei, durante i primi tre giorni, se n'è andata in giro portandosi dietro la macchina fotografica ed è tornata con centinaia di fotografie. Oggi realizza opere eccellenti, espone a Venezia e altrove. Bisogna essere onesti con se stessi e con gli altri. Fare storia. Chi altri dovrebbe farlo? In Egitto il rapporto con l'arte moderna è ancora molto recente. La prima accademia di belle arti, influenzata dagli italiani e dai francesi, fu inaugurata nel 1909. Dagli anni Cinquanta i rapporti si sono intensificati. Ma questo significa soltanto che c'è ancora molto da fare.
Hany, hai trascorso due mesi a Firenze, una città con una memoria storico-artistica enorme. Qual è stato il tuo incontro con la storia dell'arte?
(HR) Era molto importante per me vedere gli antichi maestri, vedere come lavoravano. Dell'arte contemporanea ne so abbastanza. Ma per essere un buon artista, bisogna conoscere anche le proprie radici. Sono molto contento di poter adesso osservare da vicino, nella realtà, tutte queste opere che conoscevo solo attraverso i libri, vedere i loro veri colori. Sono estremamente moderne. E sono certo che ne trarrò profitto per il mio lavoro.
Qual è il tuo posto preferito, il tuo artista preferito a Firenze?
(HR) Gli Uffizi.